ANTEFATTO
Fra il 2014 e il 2016 una epidemia di Ebola virus (EBOV, Ebola Zaire) si diffuse partendo dalla Guinea, fino alla Libera e alla Sierra Leone. In due anni morirono circa 10.000 persone.
Sono ritornato nell’aprile del 2019 in Sierra Leone, a tre anni dalla fine della crisi, e sono stato a Kissy e Lakka, quartieri di Freetown, e poi a Rosint e Rosanda, due piccoli villaggi duramente colpiti dal virus, a nord.
Il virus si trasmette attraverso i liquidi organici, sudore, sperma, sangue, vomito, e colpisce la prima cerchia dei caregiver, cioè di quelli che si prendono cura del malato. Anche le funzioni religiose o i rituali tenuti durante il funerale diventano uno strumento di contagio. Lo stigma che ha colpito chi lavorava a stretto contatto con il virus, gli Ebola Workers, e chi è sopravvissuto, è ancora vivo e forte.
STORIA
Ho intervistato decine di persone. Sopravvissuti, medici, infermieri, addetti alle pulizie, pescatori, imam, donne leader di piccole comunità. Orfani e bambini che sono cresciuti in quei giorni drammatici. Tutte queste video interviste fanno parte di un documentario che sto completando.
Ho avuto modo di visitare i luoghi destinati alla prima quarantena, soprattutto nei villaggi di Rosint e Rosanda. Semplici case di fango e tetto in lamiera.
Inimmaginabile è l’insieme di emozioni e paure di cui quei luoghi risuonavano. Il calore del sole cocente del centr’Africa. L’umidità. Gli odori. I sussurri e le preghiere.
Come poteva essere rimanere stesi a fissare i soffitti, combattendo la malattia.
Questi luoghi sono tornati ad avere il loro scopo originario. Case, magazzini, luoghi di aggregazione.
I bambini giocano all’ombra dei portici, le donne stipano il riso, e i ragazzi appendono poster e immagini. Tutto potrebbe sembrare tornato alla normalità.
Se non fosse per lo sguardo profondo e intenso di chi, quella tragedia, l’ha vissuta.
- When 2019
- Where Freetown, Kissy, Rosint, Rosinda, Goderich - Sierra Leone